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Il futuro della Spagna

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La Spagna campione dell’Europeo Under-19 è una buona squadra, normale: non impone più “principi”, ma si limita a competere meglio degli altri grazie a giocatori migliori. Non solo niente gioco di posizione a centrocampo, ma nemmeno più il possesso palla sistematico del ciclo di del Bosque. Gestione del possesso per la maggior parte delle gare, ma senza disdegnare fasi pronunciate di ripiegamento e contropiede.

E in tutto questo talenti non più così tipici… nella loro atipicità, come poteva essere un Xavi che poteva sopravvivere solo col pallone e in distanze corte. Promesse non tanto rappresentative di un’idea, ma che semmai possono adattarsi a qualsiasi contesto competitivo.

In una Spagna normalizzata, l’ottima tenuta difensiva poggia sull’ordine in fase di non possesso quanto sul talento di due difensori di ruolo fra i più promettenti visti di recente, lo sfacciato Vallejo del Real Zaragoza e l’impeccabile Meré dello Sporting Gijón.

E se il centrocampo rimane il fiore all’occhiello, lo è senza nessuna fastosa idiosincrasia: Rodrigo Hernández del Villarreal non ha sbagliato una virgola davanti alla difesa con il suo gioco essenziale (anche troppo, passaggi a mai più di due metri), e anche Mikel Merino dell’Osasuna (interessantissimo sebbene criticato durante il torneo), pur elegante e avvezzo al fraseggio stretto, suggerisce un tipo di giocatore già diverso, capace di coprire un’ampia porzione di campo, dall’inserimento alla copertura (con la possibilità di giocare sia nella coppia di mediani che sulla trequarti), un tipo di giocatore peraltro già intravisto in Saúl Ñíguez dell’Atlético Madrid.

E anche il “fenomeno” di questa Under-19, Marcos Asensio, esce dai canoni recenti: al di là di alcuni blasfemi richiami a Messi (per quel primo passo fulmineo che gli permette quasi sempre di guadagnare un decimo di secondo di vantaggio quando rientra sul sinistro; vantaggio che però andrà confermato nel grande calcio, che quel margine di tempo tende a restringertelo), il neo-madridista sembra coprire una delle lacune del ciclo 2008-2012: cioè il giocatore che sulla trequarti ti crea il vantaggio diretto, direttissimo verso la porta avversaria, con un dribbling o con un’accelerazione, senza passare prima per una ragnatela di passaggi. Nel suo defilarsi a tratti dalla partita per riapparire e risolvere, è ben diverso dai continui piccoli tocchi di un Silva o Cazorla, pur essendo comune e forse superiore la qualità tecnica nello stretto.

Forse il più “spagnolo” dell’ultima Spagna Under-19 è Dani Ceballos del Betis, mezzapunta la cui smania di stare al centro dell’azione però lo porta a vagabondare dalla mediana alla trequarti, dall’inizio alla rifinitura, con una responsabilità verso tutta la manovra della squadra che però non esclude dettagli da giocoliere nei controlli con la suola fra nugoli di avversari o nel passaggio filtrante. Resta da verificare se, in caso di successo, verrà fuori un trequartista geniale o la nuova “mezzala di possesso” capace di raccogliere l’eredità di Xavi.


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