A 23 anni (marzo ’92) Armando Izzo non può essere considerato giovane nello stesso calcio in cui Donnarumma (’99) è il portiere titolare del Milan e Alessio Romagnoli (’95) è stato uno degli acquisti più costosi della scorsa estate, ma va “osservato” perché (all’interno di un calcio in cui l’età media è comunque di 27 anni e mezzo) i difensori giovani sono una rarità e a volte non basta essere indiscutibilmente dotati di talento per giocare (#freeRugani).
E poi Izzo è partito da lontano, da problemi che non gli permettevano di allenarsi quando era piccolo (cresciuto a Scampia, per aiutare la madre sola “portava l’acqua nelle case“) e la sua carriera non è stata quella del classico talento che prima o poi si sarebbe dovuto affermare. È stato acquistato dal Genoa due stagioni fa, dall’Avellino (58 presenze in 2 stagioni e mezzo tra Lega Pro e Serie B), a cui lo aveva ceduto il Napoli, con cui aveva vinto il campionato Berretti. Questa potrebbe essere la stagione della sua definitiva rivelazione: è il quarto giocatore del Genoa per minuti giocati (dopo Laxalt, Rincón e Burdisso) e, in potenza, uno dei marcatori più interessanti che la scuola italiana abbia prodotto negli ultimi anni.
L’Izzo maturo di Genoa, che ruba palla e istintivamente si proietta nello spazio.
Perfetto per la difesa a 3 di Gasperini, con marcature a uomo aggressive che spingono i difensori anche molto lontani dalle proprie posizioni abituali e che prevede proiezioni offensive ambiziose, Izzo si distingue per il dinamismo che gli permette di coprire molto campo, sia in avanti che indietro. A differenza della scuola di centrali difensivi italiani: grossi, dominanti fisicamente, ma anche statici e lenti. Ma si distingue anche per la sensibilità con cui affronta i duelli individuali, che è sopratutto una questione di talento e personalità.
Izzo non è uno di quei difensori che si limitano a mettere pressione all’avversario per non farlo girare, prova quasi sempre a mettere la gamba per portargli via la palla. Ha un ottimo senso della posizione e sa scegliere il tempo per l’intervento perché, a differenza di molti colleghi di reparto, non dimentica che l’oggetto del contendere calcistico è sempre e comunque la palla.
Qui ai tempi dell’Avellino, contro Dybala.
La posizione che occupa (interno destro) gli lascia la libertà di leggere il gioco guardando quasi sempre verso la metà campo avversaria o il fallo laterale, limitandosi alle coperture profonde alle spalle dell’esterno di fascia. È veloce anche sotto sforzo, ma non agilissimo, per capirci: può effettuare recuperi di trenta-quaranta metri, ma soffre gente come Biabiany e Cuadrado (ma chi non soffre questo tipo di giocatori?).
Per la posizione, e per le sue caratteristiche, Izzo è spesso in anticipo. C’entra, ovviamente, il gioco di Gasperini (Burdisso è uno dei 9 giocatori che in Serie A hanno fatto più anticipi di lui), ma se lo confrontiamo statisticamente ai migliori difensori del campionato con caratteristiche simili, Izzo non sfigura neanche davanti a Koulibaly, Murillo o Chiellini, facendo più tackle vincenti di loro e meno solo di Manolas. Sui lanci lunghi, se può permetterselo fisicamente, saltando da dietro mette la testa davanti a quella dell’avversario. Se tutto va bene, rifinisce l’azione con un appoggio semplice o con una corsa in avanti.
Ha la tecnica per uscire da un duello e dal pressing avversario palla al piede, ma per qualche motivo spazza molte palle. Forse si sta ancora adattando al salto di livello compiuto un anno fa, o magari il desiderio di sbagliare il meno possibile lo porta a scegliere l’opzione più semplice.
Un esempio di come un difensore può invertire il rapporto con l’attaccante e dominare con la palla tra i piedi.
Anche il modo in cui usa il corpo nei duelli, piantandosi di fronte a giocatori anche rapidi e prendendosi molti rischi, potrebbe limitarlo contro avversari di qualità. Izzo potrebbe provare a sfruttare maggiormente quella tecnica che ha spinto Gasperini a schierarlo (contro il Bologna) persino da esterno di fascia, e che potrebbe portarlo a godersi con più pazienza i duelli con gli avversari, leggendo il gioco (cosa che fa bene con la palla lontana), prendendo possesso del pallone con più calma. Con più pulizia.
Sarebbe bello vederlo da centrale in una difesa a 4, vedere come se la caverebbe con compiti di impostazione più regolari (inutile dire che quando arriva sulla trequarti, nonostante la buona volontà, non si trasforma in Robben), ma anche per vederlo giocare più passaggi in verticale a tagliare le linee e capire se, oltre alla tecnica, avrebbe anche la visione di gioco necessaria a un ulteriore salto di qualità.
Ma sta soprattutto a lui non accontentarsi. Lo hanno preso in giro per un video in cui non riusciva a parlare bene inglese e lui ha risposto, con il sorriso, che le sue figlie di sicuro lo impareranno, che quello che non ha avuto lui lo avranno loro.
Ma a 23 anni potrebbe anche impararlo lui nel tempo libero (quando la Lega Calcio, o le singole società, si decideranno a fare qualcosa per questo tipo di cose non sarà mai troppo presto). E anche quando si parla di calcio, il punto non è mai chi pensi di essere (molto forte nell’uno contro uno e con capacità fisiche che gli permettono grandi recuperi) o dove sei arrivato a giocare, ma sempre e solo quanto e come vuoi migliorare.